Appunti sul Transmedia Storytelling: secondo incontro con i nostri intervistati
Come vi abbiamo raccontato qualche articolo fa, con il nostro progetto europeo “Mediascapes. Transmedia digital Storytelling for audiovisual and media literacy skills” vogliamo aprire una finestra sul Transmedia Storytelling, potente forma di comunicazione e allo stesso tempo efficace metodologia didattica ancora poco diffusa conosciuta tra le giovani generazioni e tra i banchi di scuola.
Proprio per questo, la prima azione del progetto è stata completamente concentrata sul realizzare una ricerca sul Transmedia Storytelling, per creare un punto di riferimento per giovani, studenti, docenti, ricercatori, formatori e tutti coloro interessati a comprendere cosa caratterizza e valorizza il Transmedia Storytelling, soprattutto applicato alla didattica. Questo lavoro ha visto le nostre ricercatrici concentrarsi sui più disparati testi e saggi, a cui hanno deciso di affiancare anche una “ricerca sul campo”. Infatti, hanno intervistato docenti e ricercatori sul Transmedia Storytelling, nonché storyteller di professione, che hanno potuto supportare il lavoro di ricerca raccontando le loro preziose esperienze e punti fondamentali da sottolineare quando si parla di tale argomento.
I NOSTRI INTERVISTATI: Valerio Di Paola e Anna Rita Vizzari
In questo secondo appuntamento potrai prendere appunti seguendo il racconto essenziale dagli incontri fatti con i nostri nuovi intervistati.
Il primo è Valerio Di Paola, docente presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” dove si occupa, anche, di diffondere le logiche transmediali unite all’audiovisivo. Proprio per questo, oltre a elencarci quali sono le consuete tre parole che per lui definiscono il Transmedia Storytelling, ha scelto di porre in risalto le esperienze vissute in prima persona nei suoi racconti, soffermandosi sui benefici che tale metodologia può generare se ben introdotta nei processi di formazione scolastica. In particolar modo, ha lasciato una breve e preziosa testimonianza dei vantaggi che ha generato l’introduzione delle logiche transmediali nella didattica durante la didattica a distanza necessaria per poter continuare a svolgere le proprie lezioni in tempi di pandemia nel 2020. Ha raccontato che “Nell’epoca della pandemia, durante il lockdown, ho affrontato un processo di transmedializzazione della didattica necessario per rendere fruibile e interessante il momento della lezione in dad: lo spostamento online e l’utilizzo di social, repository online, dispositivi per creare contenuti video-fotografici sono diventati il modo per rendere transmediale la didattica. Oltre a scoprire il potenziale di quanto già quotidianamente utilizzato da parte degli studenti, un aspetto rilevante è stato il grande sviluppo della creatività che tale processo ha generato: maggior personalizzazione, racconto del sé, esplorazione di nuove tecniche e idee“.
Di Paola ha inoltre aggiunto una considerazione che noi stessi condividiamo, ovvero che in una dimensione di transmedialità dedicata alla didattica non bisogna fermarsi solo alla distribuzione di contenuti mediali su più media, per quanto capace di rendere ludico il processo di acquisizione delle informazioni e quindi di formazione, ma tenere in considerazione anche il feedback che danno gli studenti a cui ci rivolgiamo, e cioè le modalità di produzione che ognuno di essi sceglie di assumere per la creazione di nuovi contenuti da aggiungere allo storytelling iniziale.
La secondo persona che vi proponiamo in questo appuntamento con i nostri intervistati è Anna Rita Vizzari, docente di lettere nella Scuola secondaria di 1° grado ma anche docente in laboratori di Storytelling. Difatti, anche con lei è stato particolarmente interessante e proficuo dialogare sul transmedia storytelling in classe attraverso alcuni racconti diretti. In particolar modo, secondo il suo approccio è importante che l’esperienza laboratoriale della transmedialità venga proposta agli studenti, soprattutto i più piccoli, “naturalizzandoli, facendoli cioè rientrare naturalmente nelle attività curriculari“. L’esempio più interessante che ci ha lasciato, e che vogliamo condividere con voi, è stato questo: “Gli studenti devono essere spinti ad essere liberi di fare video anche durante le attività che svolgono. Per esempio, gli studenti che utilizzano Minecraft possono ricreare lì una narrazione che riprende i punti salienti del capitolo di storia o del testo di letteratura, per citare alcune possibilità. Più concretamente, ancora, possono simulare come vivevano i soldati nelle trincee nella prima guerra mondiale, allestire con gli strumenti che Minecraft fornisce uno scenario e mostrare poi il personaggio che si muove in esso e fare una narrazione registrandola“.
L’aspetto più importante che Vizzari ha voluto sottolineare fornendo questi esempi di modalità di introduzione del transmedia storytelling a favore dei processi didattici è che disponendo di differenti media e modalità di utilizzo di essi, questa metodologia può essere utile anche per studenti con necessità particolari, in quanto strumento compensativo e capace di permette la valorizzazione di diverse intelligenze e la crescita della motivazione grazie alla personalizzazione dei percorsi e la creazione di un prodotto.